È Mauro SCIASCIA che racconta …
Al “Francesco Baracca” ho trascorso due anni per frequentarvi la seconda e terza elementare. Del primo giorno ricordo soltanto mia madre, seduta in parlatorio, intenta a cucire sui miei indumenti i numeretti rossi distintivi che le suore le avevano consegnato. Mi rivedo salutarla frettolosamente per correre fuori a giocare con altri bambini e bambine che avevo conosciuto durante l’estate a Monguelfo. Non ricordo altro, …. il buio più assoluto fino alle vacanze di Natale.
Dopo i primi tre mesi trascorsi in collegio e i quindici giorni di vacanze natalizie a casa, avevo evidentemente preso coscienza della realtà delle cose.
Mi ero reso conto che il futuro prossimo sarebbe stato molto meno piacevole della vacanza a Monguelfo e la mancanza di mia madre molto più dolorosa da sopportare rispetto alla precedente parentesi estiva. Così si spiega la mia reazione al rientro in collegio il 7 gennaio del 1954.
Fu un giorno da dimenticare! Non ci tornavo volentieri e l’avevo capito perfettamente già negli ultimi giorni di vacanza. L’avevo tenuto per me, alla mamma non avevo detto niente. Giunti in istituto, cercai mille scuse di ritardare il più possibile la sua ripartenza, non volevo che lei andasse via lasciandomi lì; cercavo di comportarmi da ometto, come mi avevano insegnato, sforzandomi di mostrare indifferenza, ma quando gli argomenti per trattenerla cominciarono a esaurirsi e subentrarono i saluti con baci e abbracci, non riuscii più a dominarmi e si manifestarono i primi singhiozzi. Dopo pochi istanti le lacrime vinsero i miei sforzi per trattenerle, e nel giro di pochi secondi caddi in un pianto dirotto dimenticando di essere un ometto con una dignità da difendere. Mamma, anch’ella in lacrime, afflitta e confusa, non voleva più lasciarmi, ma le suore, saggiamente e con cortese fermezza, la convinsero a desistere proponendole di restare in città e tornare il giorno dopo – prima di partire – per sincerarsi delle mie condizioni; avrebbe potuto pernottare in un pensionato di loro consorelle, non lontano dall’istituto. « Non si preoccupi, è una reazione normale … appena lei sarà uscita, il bambino si calmerà e smetterà di piangere; in pochi minuti tutto verrà dimenticato. Vedrà che domani sarà diverso». Per loro non era il primo caso e non sarebbe stato l’ultimo.
Lei andò via e dormì dalle suore lì vicino, io fui portato – per la notte – in infermeria dove continuai a piangere fino all’alba, quando, stremato, mi addormentai. Mia madre, come d’accordo, arrivò di buon mattino, mi vide dormire calmo e sereno, e tranquillizzata, ripartì. Come le suore avevano previsto, tutto era tornato alla normalità.