È Nicola GENOVESE che racconta …
Provenivo da Barcellona Pozzo di Gotto in provincia di Messina, paese che aveva dato i natali al Prof. Filippo Trovato, mio insegnante di lettere alle medie del “Maddalena”, ed ai fratelli Rodolfo e Aldo Calabresi.
Non mi ero mai allontanato dalla mia terra alla quale ero attaccato morbosamente.
Quando dovetti salutare la mia mamma, che mi aveva accompagnato lungo la faticosa salita di Montughi, un magone mi serrò la gola e non riuscivo più a parlare.
Ero triste e sconsolato !
Le copiose lacrime versate durante la notte avevano impregnato il mio cuscino. Ero molto orgoglioso e la mattina avevo cancellato, almeno esteriormente, i segni del triste distacco dalla mia mamma.
Il primo giorno, durante la ricreazione, me ne stavo solo nel cortile in un angolo adibito a parco giochi.
Aspettavo il mio turno per utilizzare l’altalena.
Reclamai per il protrarsi del tempo impiegato da un compagno che si dondolava incurante della mia presenza e della lunga attesa.
Fui subito da lui apostrofato: «Oh! Terrone … sei appena arrivato … e già reclami …!!»
Avevo un carattere forte e irruento … e a quel punto gli sferrai un pugno e lo buttai giù dall’altalena.
Intervenne l’Istitutore, il Maresciallo Spinello Vivaldi detto “Dì … dì … oh!” per l’intercalare che usava nel suo quotidiano linguaggio.
Mi rimproverò, dicendomi di chiedere scusa al mio compagno.
Risposi in siciliano: «… Mi ni futtu … e accusì a prossima vota non lo fa cchiù».
Non so ancora oggi se capì … ma ci fece stringere la mano e si allontanò.
In futuro, il compagno Blasetti divenne uno dei miei migliori amici.
Non riuscivo a capire il perché di tanto rifiuto da parte di molta gente del nord verso i meridionali.
Ricordo che una famiglia benestante del mio paese, raccontava come le fosse stato difficile trovare a Milano una stanza per il figlio che doveva frequentare l’Università.
Mi rimase impressa la frase: “Non si affitta ai meridionali”, che spesso si trovava scritta nei cartelli appesi al portone dei palazzi. Alla fine riuscì a trovare una sistemazione presso una famiglia di Siciliani.
Di contro, noi del sud avevamo un forte senso dell’accoglienza per quelli del nord ai quali riservavamo cortesie e gentilezze.
Dopo essere stati in Sicilia, molti si ricredevano e le barriere di ostilità venivano a cadere.
Imparai presto che in collegio eravamo tutti fratelli accomunati da un’unica sorte: la perdita dei nostri padri.
Con il tempo, modificai un po’ il mio carattere che d’indole era generoso e altruista.
Lo sport contribuì molto a farci conoscere e ad apprezzarci.