È Renato FERRARI che racconta …
Eravamo ormai giunti alla fine di luglio quando completammo gli esami con le prove orali. Fui promosso e, dopo aver salutato con molta emozione compagni e Istitutori, partii per le mie vacanze al mare, a Bovalino. Tornai a fine settembre, questa volta di nuovo a Muggiano, per frequentare il corso da Allievo Ufficiale che sarebbe terminato a fine anno; con me partecipavano al corso tutti gli altri Allievi Militari diplomatisi nello stesso anno, la maggior parte eravamo vissuti in collegio, qualcun’altro a casa, pur se ufficialmente aggregato ad un ente della forza armata, in quanto militare. Eravamo in venti.
I tre mesi di corso passarono velocemente tra lo studio delle diverse materie, tra cui il regolamento militare, l’organica militare, la stilistica militare, etc. e le giornaliere esercitazioni pratiche con particolare riferimento all’addestramento al comando.
A Piero Felisso era stato assegnato il ruolo di Capo corso, io ero stato nominato suo vice; insieme andammo a Roma per le visite mediche d’idoneità fisica e psichica presso l’Istituto Medico Legale dell’A.M., adiacente alla caserma “Romagnoli”, dove avrei trascorso i successivi dieci anni in servizio da Ufficiale. Quella sera andammo al cinema “Corso” a vedere, tanto per cambiare, un film di guerra: “Il giorno più lungo”; iniziavo a prendere confidenza con la città di Roma.
Un Ufficiale dell’Aeronautica deve aver volato almeno una volta e quindi ci portarono a Pisa per il volo di ambientamento su un C119, aereo impiegato nel trasporto truppe e materiali. Fummo tutti equipaggiati con il paracadute ausiliario, da agganciare, nel malaugurato caso di necessità, a un’imbracatura che indossavamo tutti; ovviamente non ce ne fu bisogno. Durante il volo, svolto a un’altezza media di 500-600 metri, l’atmosfera a bordo era serena e regnava il buonumore, ci comportavamo con naturalezza come vecchi veterani del volo, alcuni giocavano a carte e altri scherzavano, mentre io – incuriosito e quasi ammirato – osservavo uno Specialista componente dell’equipaggio, in piedi sul portellone di coda aperto, che fumava tranquillamente la sua sigaretta, incurante del vuoto che si apriva a pochi centimetri dai suoi piedi.
A conclusione del corso, ciascuno di noi avrebbe potuto esprimere tre preferenze – in ordine di gradimento – sulla propria destinazione; nei limiti delle esigenze della forza armata, saremmo stati accontentati tenendo conto della graduatoria di fine corso. Mi fu proposto di rimanere a Cadimare presso la “Segreteria Comando” ma declinai l’offerta adducendo come motivazione che ero già iscritto all’Università di Roma dove nel frattempo si era trasferita la mia famiglia.
Non era vero, ma a Roma c’era Antonelli, per me come un fratello, più alcuni amici e parenti di Bovalino iscritti anche loro all’Università, ed era lì che volevo costruire il mio futuro. Furono altri compagni di corso ad accettare Cadimare come destinazione; alcuni di loro avevano già conosciuto la ragazza che sarebbe diventata la compagna della loro vita, l’avevano incontrata a La Spezia e lì decisero di restare.
Grandi saluti e abbracci nella “palazzina Ufficiali”, quando, ormai pronti a partire per la nuova avventura, era giunto il momento del nostro addio ad amici e Istitutori; battute di spirito e pacche sulle spalle con la promessa di rimpatriate che sicuramente avremmo organizzato.
In realtà nessuno di noi sapeva quando e “se” ci saremmo più rivisti dopo tanti anni trascorsi insieme, eravamo pieni di buoni propositi ma le incognite del futuro valevano anche per noi, non era ancora previsto il nostro “ritorno a casa” del 7 dicembre 1975, quando in tanti, pieni di entusiasmo e in preda alla commozione, ci saremmo ritrovati ospiti di quella stessa “palazzina Ufficiali” per fondare il nostro “Club degli ex Allievi O.N.F.A.”