È Mirella CONTI che racconta …
Era il settembre del 1936, una data ben impressa nella mia memoria, come poche, che cambierà per sempre il mio atteggiamento verso la vita. Ero partita con la mamma da Padova, dove abitavamo, per raggiungere l’Istituto “Francesco Baracca” a Loreto.
Sono nata il 6 giugno 1925, a Padova abitavamo in una villetta. Dalla cucina, a mezzo di una scala a chiocciola, potevo raggiungere una stanza con una piccola terrazza che dava sul tetto della casa. Quello era il mio regno, poiché nessuno veniva mai a disturbarmi. Lì, la mia fantasia mi portava in paesi lontani o in situazioni pressoché irreali. Non c’era confine che fermasse la mia immaginazione.
Ed ecco che una mattina, con pochissimi bagagli, mi ero ritrovata con mia madre su un treno diretto ad Ancona e poi a Loreto. La linea ferroviaria “Padova – Ancona” non faceva parte della rete principale, e mi sembrava che il treno procedesse a fatica, quasi per ritardare il momento dell’arrivo.
Avevo detto addio a un mondo costruito sulla mia realtà per avviarmi verso una ben altra realtà … mi aspettavano ben sette anni di collegio!! Ero lontana dal Veneto, che consideravo la mia vera terra, per raggiungere un istituto che si trovava in una regione, le Marche, di cui non avevo mai sentito parlare se non letto brevemente sui libri scolastici.
Mia madre sedeva di fronte a me ed io la guardavo in silenzio. A un tratto mi è sembrata di vedere una persona con due volti. Uno era quello della madre affettuosa, che io avevo sempre conosciuto, e l’altro era quello di un carceriere, che mi stava portando alla condanna. È possibile, pensavo, che la stessa persona, che mi aveva trattato con tanto amore, riuscisse a sdoppiarsi, senza capire il turbinio di sentimenti e la disperazione che mi stava assalendo? Da lei venivano parole rassicuranti, come se il mio futuro all’istituto “Baracca” rappresentasse qualcosa di molto desiderabile.
Quell’immagine scomparve all’improvviso quando il treno si fermò e la stazione di Loreto mi apparve in tutta la sua semplicità.Eravamo arrivate, ormai la rassegnazione doveva prendere il posto dell’illusione, che mi aveva sostenuto fino ad allora e che mi aveva fatto sperare in un impossibile cambio di rotta. Attraversammo la triste cittadina di Loreto dirette all’istituto “F. Baracca”, che mi apparve all’improvviso, bianco, solitario su una collina, enorme … ai miei occhi di allora.
Salito quello che a me sembrava uno scalone … malauguratamente entrammo … Il mio primo pensiero, varcando quella soglia, era rivolto alla vita di libertà, che avevo lasciato, per iniziare una vita di disciplina scandita dal suono della campana, che a ogni ora, indicava la nuova attività da svolgere. La Direttrice sembrava una persona a modo, gentile, e questo contribuì a calmare un pò la mia apprensione. Ma quando c’invitò a visitare lo stanzone della ricreazione, l’apparizione mi suscitò uno sgomento e un impulso a scappare divenne così forte, che dovetti usare la mia buona volontà per mantenere un giusto equilibrio.
In questo stanzone bambini e giovanette stavano giocando, alzando polvere e facendo un gran chiasso. Mi apparvero come un branco di animali scatenati, correvano, gridavano e a modo loro si divertivano. All’improvviso mi prese il desiderio di dovermi mischiare con loro. Dove era la mia stanza sul tetto, tutto quel silenzio, solo interrotto dall’irrompere dei miei pensieri ? Fu quello, forse, il momento peggiore del mio incontro con il collegio: la realizzazione che, d’ora in avanti, avrei dovuto dividere ogni ora della giornata con tante altre giovani, senza condividere, necessariamente, la loro mentalità, senza il lusso di potere essere sola con me stessa quando lo avessi desiderato. La camerata, dove avrei dovuto dormire con altre quattordici ragazze non mi fece un’impressione migliore. Non potevo concepire l’idea che anche durante il sonno, sarei stata circondata da sconosciute che, con me, dividevano solo il triste destino di aver perduto il loro padre. Inoltre, avevo appreso che, durante le vacanze estive, non avremmo avuto il permesso di raggiungere le nostre famiglie. Sentii allora, che avevo varcato la soglia di una prigione, la cui condanna era quella di vivere in compagnia coatta per sette anni, completamente priva della mia libertà.
Potrei scrivere un altro capitolo della mia vita in collegio descrivendo come la mia fantasia e la convinzione della necessità di disciplina in un ambiente popolato da giovani, mi abbia aiutato a trovare quella tanto sospirata separazione dal branco … ma questo è un altro aspetto. Rimasi al “Baracca” fino al 1940 e poi fino al 1941 all’istituto “Miglia” in Roma.
Mirella Conti è la sorella di Alberto Luigi Conti, socio e Presidente Onorario per essere l’onfino più anziano. Solo Gorizia, per la precisione San Pietro a grado oggi San Peter Goritza. Con i suoi 98 anni, il 27 luglio pv ne festeggerà 99, si è prefisso di arrivare a 100, ci arriverà senz’altro e con lui anche la sorella, che vive in America.